Raphael Petreius ha scritto: |
Buonasera, ragazzi. Sentendo il latino da voi usato mi è sorta una domanda: perchè usate il latino scolastico, invece di usare un latino classico archeologicamente e rievocativamente, a mio parere, più corretto? ![]() Grazie ![]() |
Silla ha scritto: |
Cosa intendi per scolastico e per classico archeologicamente e rievocativamente più corretto? |
Dr Domus ha scritto: |
Forse Raphael intende alla distinzione che oggi si fa del cosiddetto latino TRADIZIONALE (anche definito ECCLESIASTICO) rispetto al cosiddetto RENSTITUTO. Il primo si pronuncia all'italiana, il secondo alla greca. Così nel primo Caesar si pronuncia César, nel secondo Kaèsar, o ancora salve si pronuncia identicamente a come e scritto nella prima, mentre nella seconda si dice sàlue.
Credo non vi siano modelli migliori, poichè non esisteva un unico modo di pronunciare il latino. Basti pensare al modo di pronunciare la ERRE tra Francesi e Tedeschi (di palato, come la erre moscia), o la stessa lettera nelle lingue anglofone (sbiascicata a diventare quasi una U). Lo stesso valeva anche un tempo. Il termine IMPERATOR su un graffito di Pompei antica, è scritto erroneamente embratòr, rivelandone la pronuncia, ossia la precoce napoletanizzazione a causa del sustrato osco. Nè l'inglese attuale è necessariamente sbagliato se parlato da un emigrato siciliano, un indiano dell'India, o da un Francese. Relegare il latino a una sola e specifica forma di dizione, equivale a rigettare la storia stessa di questa lingua straordinaria. Basti pensare alle numerose forme dialettali (e conseguenti influenze sulle parole) della stessa lingua greca |
Silla ha scritto: |
Esattamente... non a caso la pronuncia cosiddetta renstituta è invenzione tedesca... Non c'è prova alcuna della pronuncia del latino, se non -paraddossalmente - i graffiti popolari di pompei! |
Tvllia ha scritto: |
Spiegazione molto interessante. Mi è stato riferito che gli accenti e la cadenza che ancor oggi (per fortuna) ogni regione d'Italia presenta ancora nella propria parlata, probabilmente non sono molto cambiati da quando c'erano i Romani. Così pare proprio leggendo il graffito campano, dove si comprende bene che già allora i campani parlavano latino (o osco) con quella cadenza che noi tutti ancora conosciamo.
Ciò potrebbe esser vero? Speriamo che nello scavare nel sottosuolo di Modena si possa ritrovare un lacerto di muro su cui è rimasto un graffito della regio VIII Aemilia! |
Flavius Stilicho ha scritto: |
Be' in alcuni dialetti si utilizzano ancora dei latinismi per definire oggetti di uso comune... mi salta subito alla mente nel mio dialetto (Perugino) ciliegio si dice ceraso (e le ciliegie, cerase) e quercia si dice cerqua (c'è anche un paese chiamato "Cerqueto" non lontano da casa mia): sono chiari esempi di conservatorismo di termini arcaici che non hanno subito l'evoluzione dovuta alla pronuncia di chissà quali altre cadenze e dialetti, così come tutti noi oggi chiamiamo il cavallo con un termine praticamente sconosciuto al latino scritto.
Poi va be', sapete tutti che io son convinto che in Italia si parli Latino (e per Latino intendo la risultanza della commistione linguistica che vi fu tra le varie lingue italiche, non certo quello parlato dai Latini prima della fondazione di Roma) moderno perché le influenze esterne sull'evoluzione interna della lingua sono ridicole se paragonate a quelle di tante altre lingue. È bastato che per un paio di secoli non vi fossero più gli eruditi (che poi comunque rimasero, anche se chiusi nei monasteri) a difendere a spada tratta l'antica lingua parlata nel Lazio per far emergere prepotentemente le inclinazioni locali (ben più malleabili ed intuitive, semplici oserei dire) che nel frattempo si erano evolute a ben altro ritmo rispetto alla lingua scritta che presenta una rigidità (e un'omogeneità territoriale) per via dei fenomeni di imitazione e "culto" dei grandi scrittori del passato, che ci sono ben noti (si pensi all'affermazione del Fiorentino colto nel Medioevo, si potrebbe paragonare al Latino che ai tempi della conquista della Penisola da parte di Roma si impose sulle altre lingue italiche come "lingua di scrittura" e quindi di quei pochi colti che sapevano scrivere e lo facevano con frequenza). Non è un caso che la Chiesa Romana abbia mantenuto l'utilizzo del Latino anche quando ormai nessuno, che non lo avesse appreso tramite la Chiesa stessa, era in grado di comprenderlo (trattavasi di Latino modificato rispetto a quello c.d. "classico" ma pur sempre Latino, mentre ormai nemmeno gli abitanti di Roma e dintorni lo parlavano più e chissà che non avessero smesso già prima della caduta dell'Impero!) E sono anche convinto che senza scuola pubblica, senza televisione (e altri mass media) e senza un'educazione che additi i dialetti come forme "barbare" di linguaggio da sopprimere, si avrebbe ben presto la fine dell'Italiano con tutte le sue difficili regole ed eccezioni e ognuno tornerebbe a parlare il dialetto stretto dei nostri bisnonni, con tutte le modifiche (neologismi, prestiti, storpiature intuitive etc.) che le persone hanno apportato in questi decenni. |
Citazione: |
Ma non bisogna immaginarsi un latino con accento romanesco, però... |
Silla ha scritto: |
Non capiresti un bel niente, dal momento che avrebbero parlato un bel latino arcaico..... |
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