ArsDimicandi Forum
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GLADIATORI, ESERCITO ROMANO, ATLETICA PESANTE
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Plinius Princeps Senatus
Registrato: 11/03/05 05:08 Messaggi: 2186
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Ripreso dal topic "Cambio di linea o "Mutatio" perchè argomento a sè.
Claudio, Caesar e Silla postate (con copia/incolla) i vostri post sulla falange oplitica secondo l'ordine con cui li avete scritti. Grazie per la collaborazione.
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Prima che altri post si aggiungano, trasferisco la conversazione dal suo inizio.
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Claudio
Inviato: Gio Ott 20, 2005 11:56 am
Riguardo al discorso della mutatio, perdonate se sposto un poco l'argomento ma è un dubbio che mi attanaglia da un po'.
Leggendo da varie parti, non riesco a capire bene quale fosse la tattica degli opliti greci. Da quanto si evince sembra che lo scontro non fosse altro che un tremendo cozzo tra le due armate, dove aveva la meglio chi riusciva a disassare la linea nemica, eventualmente con le linee di dietro che spingevano con forza per dare man forte ai compagni davanti. Tutto qua? Possibile che fosse una tattica così semplice? Niente cambio? Niente manovre?
Se fosse così, senza la possibilità di cambiarsi, secondo me vuol dire mandare a morte quasi certa chi stava in prima linea. Portarsi addosso 35 Kg di armatura (come sembra che sia) e non avere il cambio dopo un po', per quanto si possa essere allenati, vuol dire non riuscire più a combattere efficacemente e dopo poco essere destinati a soccombere. E proprio voi potete confermarmi che comincia a mancare il respiro, le spalle e la schiena cominciano a bruciare e lo scudo e il gladio diventano sempre più pesanti. Non credo che i Greci aspettassero di vedere morire i propri compagni per potere prendere il loro posto.
Se la forza della falange sta nella propria compattezza, ci sarà pure un sistema per preservare le forze dei propri opliti in modo da potere durare il più a lungo possibile.
Un' altra considerazione: teoricamente in prima linea ci stavano gli uomini migliori, in seconda i giovani, in terza i veterani (sempre che si possa parlare di sole tre linee, perchè da quel poco che so si disponevano su 16 o 8 file). Questo vuol dire che il pericolo maggiore e, nel caso di un mancato ricambio, la quasi certezza della morte ricadevano non solo sugli uomini migliori ma, in quanto soprattutto cittadini, su quelle persone che, in tempo di pace, costituivano la "forza" principale, economicamente e socialmente, di una polis. Un sacrificio enorme, anche nel caso di una vittoria.
Possibile che una civiltà così evoluta avesse una tattica così semplicistica e dispendiosa? A Trigallia e poi di persona contro i Taurini insieme alla Legio Italica, ho potuto sperimentare e vedere che anche i Celti avevano un sistema di ricambio di combattenti per quanto non efficiente ed evoluto come la mutatio dei Romani. E i Greci no? Un popolo così geniale che non mette a punto un valido sistema di combattimento che non sia la rozza mischia stile rugby o "una sorta di combattimento rituale" come alcuni studiosi dicono?
E se fosse così, a che pro le lunghe lance come arma principale anche per la prima linea? Non avrebbe più senso un arma corta, tipo gladio o daga, con il supporto delle lance da dietro? E come mai si parla di capacità di manovra da parte degli Spartani? E come avrebbero fatto un pugno di polis a respingere, praticamente da sole, l'armata persiana se non in virtù di un migliore armamento e una capacità tattica diversa dal semplice cozzo senza ricambio degli opliti?
Immagino che ci siano letture e documenti a proposito ma non sono riuscito a trovare di più.
Dato che questo è un tarlo che ho fin da piccolo, se me lo potete scacciare....
Valete omnibus
Caesar
Inviato: Gio Ott 20, 2005 3:38 pm
Ave Claude,
qui agis? Optime?
Ti confesso Claudio che anch'io ho le tue stesse curiosità : come anche altri iscritti non solo di questo forum, ma anche di altri dell'area antichista.
Anche se è vero che le prime guerre elladiche, dopo l'era descritta da Omero, avvenivano quasi esclusivamente in estate e solo dopo aver governato i terreni agricoli e gli armenti, questo aumenta i disagi degli opliti a causa anche della forma chiusa dell'elmo che faceva correre il rischio del soffocamento e li rendeva pressocchè sordi anche agli ordini. Ho letto che spesso i soldati si fasciavano la testa per attutire i colpi, che il bronzo dell'elmo trasmetteva in parte al cranio, e per creare uno strato isolante con il metallo che sotto il sole scaldava abbastanza.
Ma tornando all'aspetto tattico, anch'io resto perplesso dalla loro mancata attuazione di una simile idea; e qiuando anch'io ho letto che lo scontro era pressocchè "ritualizzato", secondo alcuni studiosi, sono rimasto perplesso.
E perplesso per un motivo ancora meno credibile ai miei occhi di "moderno e disincantato" che indugia anche ad osservazioni dissacratorie. Leggi e allibisci.
Lo scontro avveniva in presenza di cittadini noti, o forse magistrati, svolgenti funzioni di osservatori e venivano scelti concordemente da poleis non belligeranti. In pratica questi scolgevano la funzione di arbitri o giudici come gli ellanodici, i giudici olimpici.
Iniziava lo scontro e quando una delle due falangi si scompaginava, automaticamente la vittoria era riconosciuta a quella che era rimasta salda. Quella perdente abbassava le armi, se ricordo bene, chiedendo la tregua e chiedendo i corpi dei caduti. Questo era il segnale che ammettevano d'aver perso.
Ritengo che al tempo della guerra del Peloponneso molti di questi comportamenti erano ormai un ricordo ma anche allora non c'era, almeno da fonti certe, traccia di "Mutatio"
Resta dunque da pensare che dopo l'urto e nel periodo posteriore allo scontro "ritualizzato come detto sopra", appena una delle due falangi si scompaginava, iniziava il corpo a corpo con le loro spade corte dato che la loro tattica era basata sull'urto ed era pertanto inutile avere una spada di maggiore lunghezza. Il ferro era ancora caro e i Graci lo importavano dalla turca Paphlagonia e dall'Etruria.
Mi consolo dicendo che non sempre l'idea geniale viene in mente , ma intanto mi resta la curiosità .
Silla
Inviato: Gio Ott 20, 2005 7:50 pm
Avete! Bello questo sguardo ai Greci
Putroppo sulle falangi oplitiche del VI-V secolo a. C. non abbiamo fonti, che oggi definiremmo tecniche. Esistono excursus "tecnici" in Tucidide e soprattuto Senofonte (vedi l'Anabasi, le Elleniche e un trattato sulla cavalleria di quest'ultimo). A questi storici, sebbene abbiano fatto attivamente guerra, interessava soprattutto la descrizione della politica e della guerra perchè potessero essere utili ai posteri (come ci racconta Tucidide all'inizio della sua Guerra del Peloponneso).
In effetti poco sappiamo su come si svolgesse la battaglia tatticamente. Le teorie degli studiosi da voi espresse sono quelle correnti che potrebbero essere le più vicine al vero.
Le cose cambiano col V secolo, perchè si inizia a utilizzare la fanetria leggera, i peltasti e la cavalleria. Gli opliti, quindi, sono costretti ad alleggerire le armature per rendere le manovre più veloci per evitare di essere facile bersaglio dell'artiglieria leggera. Quando Atene decise di attaccare la Tracia, prima della guerra del Peloponneso, subì perdite tremende a causa dei peltasti (di invenzione trace, appunto), così come contro un pugno di psiloi (fanteria "ultra" leggera) contro i Corinzi o gli Etoli (non ricordo, scusatemi).
Ecco che da questi dati si possono capire le difficoltà di una falange pesante contro la fanteria leggera.
Sappiamo inoltre che i Greci rimasero sbigottiti dall'esperienza di Leuttra e di Mantinea perchè Epaminonda sfruttò la "deriva" verso destra degli opliti a proprio vantaggio ed è proprio da questo che possiamo capire come avveniva una battaglia "normale" ellenica. A Leuttra Epaminonda schierò gli opliti migliori di fronte agli opliti migliori spartani (quindi a destra) mentre le truppe via via più scarse di fronte a quelle (scarse) degli spartani; schierando i migliori con una profondità di 50 uomini, sfondò la parte migliore degli spartani che si disgregarono subito.
Ciò implica che normalmente i due schieramenti contrapposti sistemavano i migliori opliti all'ala destra di fronte alle rispettive ale sinistre più deboli. Iniziato lo scontro la premura di riparare il proprio lato destro portava l'oplita a spostarsi verso il fianco sinistro (che teneva lo scudo) del suo compagno per ripararsi, quindi la deriva comportava che le due falangi si "girassero attorno" (passatemi l'immagine ) addirittura rischiando di non completare lo scontro.
Penso che forse una mutatio alla romana non potesse servire per questo tipo di combattimento soprattutto per il fatto che la prima fila portava lo scudo orizzontale sul petto.
Poi con la falange macedone si sviluppò una tattica più complessa e articolata, ma questa è un'altra storia!!
Scusate, spero di essermi spiegato bene, scusate la lunghezza....
Valete
arsdimicandi
Inviato: Ven Ott 21, 2005 12:07 am
Onorevolissimi, avete.
Sono onorato di questa nuova discussione, che come AD ci vede interpreti diretti ed anzi "genitori" di questo argomento da oltre tre anni, ossia da quando Arsdimicandi propose per la prima volta questo concetto: la Mutatio Ordis, o Commutatione Ordinis per dirla alla Vegezio.
Interpreti, dicevo, nel bene e nel male. Ciò poichè non esiste una prova diretta, letteraria o iconografica, che affermi con certezza che ogni Ordo si alternasse con quello arretrato. Esistono moltissime indicazioni di sostituzioni (Mutationes, appunto), senza specificarne le modalità o lo specifico termine tecnico.
Ad esempio, in Cesare (DeBelloGallico, II-XXV) “i superstiti erano demoralizzati e non pochi tra quelli delle ultime file (novissimis) disertavano la successione del combattimento (desertos proelio excedere) ma abbandonavano la formazione (ac tela vitare), mentre sul fronte il nemico non cessava di incalzare (…). Nè v’erano riserve (subsidium) che potessero sostituire (submittere) i combattenti…"
In questo brano ricchissimo di dettagli (invero la letteratura ne è ricca molto più di quanto si pensi), abbiamo i seguenti concetti. I novissimi che abbandonano le ultime file. Ultime file... Scappavano perchè si sentivano troppo lontani dalla battaglia (che non potevano vedere) e quindi non abbastanza coinvolti, o perchè grazie alla proelio excedere... submittere (successione del combattimento... sostituzione) vi si sarebbero avvicinati?
Le "riserve" che non c'erano, e che avrebbero dovuto "sostiutire" i combattenti stanchi... ebbene, come li sostituivano?
Alcuni forums di reenactment coi quali ho avuto il piacere di discutere, dopo un accanito e aprioristico rifiuto del concetto stesso di Mutazione, hanno ammesso la sua possibilità (se non altro, per non contraddire le fonti). Tuttavia hanno ipotizzato che una mutazione delle forze in prima linea, sarebbe stata possibile esclusivamente nelle frequenti pause all'interno di una battaglia
Quando ho fatto notare (sempre senza tirare in ballo l'archeologia sperimentale e la fatica vera, ma semplicemente le fonti), che la stragrande maggioranza delle battaglie documentate durano ore intere, e talvolta giorno, notte e giorno ancora - magari aggiungendoci un assedio di Cremona, come nel 69 d.C)... ebbene, allora non ho avuto risposta.
Secondo me la loro versione nasconde il segreto della pozione magica di Asterix, primo esempio di doping nella storia.
A questo proposito chiedi l'intervento di Hystrio, Il Pitta e tutti i nemici-amici celtici del forum di AD.
Plinius
Inviato: Ven Ott 21, 2005 12:13 am
Arsdimicandi,
comprendi è vero che dire "che sono innamorati delle loro convinzioni" è farmi fare un umorismo facile. E che il loro restare infrenati nelle proprie conoscenze mi ricorda "Il crollo delle certezze" di Hegel?
Allora ritengo meglio, concedimi il suggerimento, di non citarli neanche.
arsdimicandi
Inviato: Ven Ott 21, 2005 1:09 am
Plinie!
Grazie a questo tuo ultimo intervento (cito testualmente: "innamorati delle loro convinzioni"), mi viene da partorire un nuovo soprannome.
Dopo ricostruttori di stampo darwiniano, ecco i ricostruttori dell'Esercito Roman-tico _________________ Plinius/Ettore Argan
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Ma, se un tiranno usurpa il potere e prescrive al popolo quel che deve fare, è anche questa una legge? (Alcibiade)
Quanto più volgare è l'uomo politico, tanto più stridente è il linguaggio. (P.C. Tacito)
Ultima modifica di Plinius il Ven Ott 21, 2005 9:20 am, modificato 4 volte in totale |
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Adv
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Dr Domus Site Admin
gladiatores
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Onorevoli!
Non sono un esperto di Oplitismo.
La mia posizione è certamente più vicina a quella di un ingegnere - passatemi il termine - dell'esercito romano, con competenze più vicine alla battaglia e all'assedio, che a quelle del Genio (per ora).
In quanto tale, per me, un elmo contiene in sè una enormità di informazioni, aihnoi intrinseche e celate ai profani. La sua foggia, la sua composizione e il suo peculiare lineamento, sono come un filamento di DNA. Da esso è ricavabile una immensità di dati che, secondo le regole dell'archeologia sperimentale, troveranno corrispondenza e concatenazione (logos) solo ed esclusivamente con peculiari armamenti, con una specifica tecnica schermistica, e tipologie di avversario.
Ciò è quanto abbiamo già fatto con successo nella gladiatura, e stiamo gradualmente facendo nella Legione.
L'approccio scientifico è ancora più vantaggioso laddove se unitamente all'elmo di un determinato soggetto (ad esempio l'oplita greco) mi si passa anche uno scudo, oppure un parastinco... Ebbene, i dati che mi ritrovo non faranno più semplicemente 1+1=2 bensì 1+1=3
Le dichiarazioni fin qui apportate dagli onorevoli membri, sono veritiere. La Phalanx è dedita all'Othismos, la collisione impressionenate per rompere la formazione avversarie e disperderla.
Oltre a quanto da voi citato a livello letterario, aggiungo la RATIO sperimentale.
L'oplita possiede, unico al mondo, uno scudo di legno tondo e concavo (diametro 1 mt circa), rivestito di un sottilissimo strato di bronzo.
Non è certo il sottilissimo bronzo che sostiene l'urto di una freccia persiana, bensì il legno. A meno che la freccia non riesca a centrare in modo perfettamente perpedicolare lo scudo. In questo caso (il più frequente), la convessità dello strumento, e la durezza superficiale della lamina metallica, deviano con estrema facilità il dardo.
In parole semplici, lo scudo opitico nasce quasi esclusivamente per deviare dardi o colpi appuntiti altamente veloci. Come le lance greche nella corsa impazzita tra due o più falangi.
L'elmo greco (detto Corinzio) è l'unico casco militare integrale, che lascia aperte unicamente le cavità degli occhi e una fessura longitudinale per facilitare la respirazione. Gli elmi integrali in ambito militare hanno un senso esclusivamente nella difesa passiva di artiglieria leggera (dischi, giavellotti, frecce) o concentrazioni di punte di lance leggere, come nella falange.
Il doppio parastinco su entrambe le gamne, alto fino al ginocchio, ed avvolgente per intero il polpaccio, a differenza dei legionari romani, indica nuovamente la necessità di una protezione passiva contro artiglieria o un istrice di lance.
Insomma, gli opliti non provavano nemmono a fare testuggini alla romana e a difendersi da artiglieria o ammasso acuminato di lance.
Si buttavano a capofitto in avanti, e tanto più veloci impattavano con l'avversario, tanto più efficacemente neutralizzavano l'artiglieria nemica o la sua capacità di offesa mediante lance.
A questo proposito vi invito a vedere un contributo Video del recente scontro tra la Cohors Veterana e i germani della I Minerva in Germania. Nulla da equiparare a un Othismos tra falangi, ma concettualmente simile. Ebbene, l'impatto e la spinta tra le due fazioni non lascia nemmeno lo spazio per impugnare il gladio, se non addirittura di guardare in faccia il proprio oppositore (http://www.arsdimicandi.net/ad_1_000065.htm).
In questa ottica, non ha alcun senso la Mutatio Ordis...
D'altronde Senofonte e Platone affermano come l'oplita non necessiti di una particolare educazione schermistica, e come i meno esperti dovessero essere messi al centro della falange, affinche potessero semplicemente "spingere".
Tuttavia, sarebbe un errore ignorare la presenza del Kopis (la spada greca) e delle innumerevoli testimonianze di leggeri toromaci (corazze) in lino o cuoio (al pari delle Levi Armaturae romane, che non sono Ausiliari ma assolutamente Legionari). Sarebbe ulteriormente un errore ignorare i duelli singoli o gregati "alla spada" fatti dagli opliti in occasione di arcaici agoni sacri. Queste indicazioni testimoniano come la falange greca avesse sì come tattica di base l'othismos, la collisione - al pari del Murus romano insomma - ma che non tutti i reparti impiegati in una battaglia dovessero svolgere questo ruolo centrale.
Insomma, il rischio di questa discussione è di applicare i paraocchi di cui sono dotati i reenactors europei in tema romano (legionario imperiale uniformato, lorica segmentata, scudo rettangolare, etc), alla falange greca.
Infine, è bene ricordare che in epoca ellenistica (ma qualcuno lo ha già fatto), la falange non è più adeguata alle nuove tipologie di guerra. Non a caso l'invincibile armamento andrà scomparendo, a favore di altre tipologie. L'esercito macedone (scudo più piccolo, elmo aperto, etc) è assai più simile ai peltasti traci e a tutta una nuova tipologia di approccio ad una battaglia con un fronte frazionato e irregolare. |
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Caesar Tribunus
Registrato: 15/03/05 23:09 Messaggi: 519
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che confusione, o come diceva il mio colonnello di reggimento siculo, anzi sicano, "che 'nchiappi" e con un accento, ...che veramente lasciava capire la gioiosa ilarità dell'espressione!
Secondo le mie conoscenze, (mi dispiace per non citare le fonti; non sono recenti) la formazione della falange fu ideata dai Sumeri nel 2500 a.c.. Furono i Greci, che erano sempre in giro in ogni parte del mondo per i loro commerci, a copiarla rendendola così famosa per l'uso continuo e vittorioso che ne fecero, da farla conoscere ovunque tanto che fu creduta una loro innovazione bellica.
Una certa forma di "Mutatio ordinis" veniva attuata nelle falangi di Filippo II (il macedone, padre di Alessandro Magno).
Le sarisse, data la loro lunghezza (da m. 2,5 circa alle loro ogini sino a m. 4,5/6 in seguito), erano tenute in posizione di scontro da più opliti e Filippo ideò alcune modifiche tattiche. Decise che a tenere ciascuna sarissa in posizione sarebbero dovuti esseri 5 opliti in modo da dare stabilità e saldezza alla posizione dell'arma vanificando la possibilità nemica di deviarne il puntamento.
Altra modifica di rilievo fu la sostituzione di uno o più dei cinque opliti, che tenevano in posizione di offesa la sarissa, appena veniva colpito dai nemici. In questo frangente, tutti gli opliti che si trovavano dietro al caduto, avanzavano al suo posto e lo sostituivano nelle funzioni eseguite al momento in cui il loro commilitone veniva meno. _________________ Caesar
Pietro Silva
Milovan Gilas scrisse che la memoria tende a modificare i fatti per farli quadrare con le necessità del presente. |
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Dr Domus Site Admin
gladiatores
Età: 58 Registrato: 10/03/05 22:31 Messaggi: 1637
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Grande Caesar.
In effetti il tuo ultimo contributo si riferisce alla falange macedone, che pur somigliando, è tutt'altra cosa alla falange oplitica.
Come ho sottolineato, il grande scudo argivo rivestito di bronzo, l'elmo corinzio e il doppio parastinco (ma potrei anche citare il cortissimo Kiton), suggeriscono come l'oplita corra come un duecentometrista contro il nemico, accettando di subire l'artiglieria passivamente.
I macedoni sono più lenti e inesorabili. Il loro armamento suggerisce come i reparti fossero più manovrabili, ma al contempo più esposti all'artiglieria. Tuttavia dobbiamo tenere in conto che a differenza dei greci, i Macedoni contrastavano l'artiglieria con l'artiglieria (in genere orientale).
Tuttavia il concetto stesso di falange impone una compattazione degli uomini che, sebbene non esasperata come negli opliti greci, rende difficile una mutazione.
La sostituzione del compagno davanti che ha ceduto è si una mutazio, ma non paragonabile a quella romana.
Se mutare significa sostituire i caduti, allora non esiste esercito od orda barbarica che non l'abbia fatta. |
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Plinius Princeps Senatus
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Località: Panormus/Balarmuh
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In effetti una delle modifiche ideate da Filippi II fu, oltre alle rimanenti introdotte, l'inserimento nel campo di battaglia tra i due eserciti, di alcune schiere di artiglieri armati di arco per rendere meno nutrite le schiere avversarie.
Finito il loro compito poco prima che avvenisse lo scontro, si defilavano prontamente e rientravano in gioco appena l'ordine delle falangi veniva meno e la battaglia diventava una contemporanea arena di scontri individuali.
Anche aquilifer ha buona conoscenza della falange. _________________ Plinius/Ettore Argan
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Dr Domus Site Admin
gladiatores
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Non credo che il fine principale delle schiera di Sagittari a disposizione dei Macedoni fosse destinata a "rendere meno nutrite le schiere", ossia a farne fuori un po'. L'artiglieria leggera ha il grande dono di condizionare, ossia rallentare la fanteria avversaria oppure inibire l'artiglieria nemica. L'equazione si esplica nel vantaggio di una propria maggiore libertà di manovra, scelta di tempi e spazi.
Insomma, l'artiglieria equivale a mettere il nemico nel fango o controsole.
Se non fosse così basterebbero eserciti esclusivamente di Sagittari (ma i Persiani ne sanno qualcosa contro Alessandro). |
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Silla Praefectus
Età: 41 Registrato: 12/03/05 19:25 Messaggi: 830
Località: Tergeste
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Avete!!
Questa discussione sulla falnge macedone è molto interessante...
Tra breve mi laureo in Storia Greca... guarda caso sulla falange macedone...
Ci sarebbero tante cose da dire sulla tattica macedone delle singole unità che costituiscono la falange che ho trovato molto interessante ( e nessun storico prima ha mai tenuto conto di queste tattiche, mah non capisco il perchè! )...
Vi prometto che a laurea finita Vi farò tutti partecipi delle "scoperte" (forse è una parola un po' troppo grossa...)
Vedrete che notizie...
Valete _________________ Silla/Luca Ventura
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"O straniero, riferisci agli Spartani che qui
noi giacciamo, obbedienti ai loro ordini" |
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Plinius Princeps Senatus
Registrato: 11/03/05 05:08 Messaggi: 2186
Località: Panormus/Balarmuh
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La falange oplitica, per i motivi già citati da Silla, finì per essere modficata alcune volte prima di trasformarsi nella falange macedone ormai resa maneggevole da addestramenti e sicura dall'aggiunzione di altre truppe che la fiancheggiavano per proteggerla. Una prima modifica avvenne per opera di Epaminonda, generale tebano, che con la sua riforma applicata alla falange, riuscì a sconfiggere gli Spartani fino a quel momento sempre invitti, assoggettando cosi le poleis circostanti.
La fama degli Spartani era meno meritata del dovuto.
La tattica vigente allora voleva che all'ala destra venissero posizionate le truppe scelte e a sinistra quelle meno valide. Era di scuola! E dato che gli Spartani si addestravano continuamente nelle manovre militari, anche l'ultimo dei suoi opliti era superiore al migliore di quelli dei propri avversari.
L'armato delle poleis si avvicinava alla guerra con insofferenza e ansia di finire presto il suo compito: cercava lo scontro per finire presto la guerra e tornare alle sue occupazioni. Questo fece sì che molte volte la fretta, mentre erano in ordine chiusa, gli faceva perdere l'inquadramento causando così lo scollamento della schiera e venendo sconfitti facilmente. Peggiorava l situazione il convincimento diffusissimo di non ritenere utile addestrarsi: si confidava sull'equipaggiamento di difesa, abbastanza protettivo e sulla compattezza dello schieramento.
Per questi motivi gli Spartani si trovavano di fronte sempre opliti inferiori ai loro e in un niente ne avevano ragioni _________________ Plinius/Ettore Argan
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Caesar Tribunus
Registrato: 15/03/05 23:09 Messaggi: 519
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Epaminonda si era accorto delle differenti capacità belliche esistenti tra gli Spartani e gli altri.
Cosicchè forma una falange che all'ala destra ha una profondità doppia di quella dell'ala sinistra. Questa caratteristica renderà nota la sua falange come falange "con ordine tattico obliquo". Lo schieramento comprende pure il battaglione sacro tebano, una formazione di trecento omosessuali militarmente addestrati e tali da essere il fiore all'occhiello della sua falange per la tenacia e perizia con cui combattevano.
A Leuttra, nel 371 a.c., gli Spartani vengono spazzati come fuscelli suscitando l'ammirazione di tutte le poleis, amiche e nemiche, per i Tebani. Questo successo permetterà loro di assoggettare Arcadia e Messenia. _________________ Caesar
Pietro Silva
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Claudio Centurio Hastatus
Età: 52 Registrato: 06/06/05 19:44 Messaggi: 234
Località: Parma Interessi: Storia (Antica e Medioevale), disegno, palestra, football americano, rievocazione storica, fantasy e i giochi di ruolo, anche dal vivo, leggere Impiego: Istruttore fitness, studente, fumettista(?)
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A questo punto altri dubbi. Mi sembra di capire che l'evoluzione militare greca non sia andata di pari passo con il genio che la civiltà della Grecia ha espresso, se per sbaragliare una falange di olpiti Spartani bastava spostare le ali della propria falange. Se aggiungiamo le, giuste, preoccupazioni dell'oplita-cittadino, comuni a tutti i guerrieri cittadini delle varie civiltà , gli "scontri rituali" con tanto di Ellanodici, o quasi, e la scarsa attenzione all'addestramento individuale, ne salta fuori un quadro non di certo esaltante.
Eppure non può essere del tutto così.
Altrimenti non si spiegherebbero i successi di un pugno polis contro l'immenso impero Persiano, dello stop (di qualche giorno) umiliante per i Persiani subito alle Termopili per opera di poche centinaia di opliti, Spartani è vero, di come gli olpiti diventino dei mercenari apprezzatissimi per tutto il Mediterraneo e l'Asia minore fino a farsi affidare l'ala destra da Ciro nella battaglia contro il fratello Artaserse che fu l'inizio dell'epica marcia dei Diecimila raccontataci da Senofonte.
A quanto ne so, a Maratona, gli Ateniesi, per sottrarsi al tiro degli arcieri Persiani, scelsero di fare una carica di ben 400 metri perdendo buona parte di quella coesione necessaria per l'urto della falange. Eppure, nonostante fossero stati sconfitti al centro, riuscirono a sbaragliare l'esercito Persiano.
Senofonte stesso racconta di come, nonstante inferiori di numero, i diecimila greci sfondarono lo schieramento nemico e poi caricarono una compagnia di cavalleria Persiana mettendola in fuga. E durante il ritorno dovettero affronatare varie popolazioni, ognuna con il proprio peculaire metodo di combattimento, riuscendo sempre, o quasi, a spuntarla.
Delle due l'una: o il livello degli altri popoli era veramente molto basso, oppure il livello militare oplitico, sia a livello individuale che organizzativo, era superiore.
Ovviamente sono solo dubbi e considerazioni fatte sul momento. Sicuramente posso sbagliarmi.
Valete omnibus |
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Hector Centurio Princeps
Registrato: 13/03/05 11:22 Messaggi: 394
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Domande fondate le tue Claude.
Secondo me la risposta è propria là , dove tu hai detto "ne salta fuori un quadro non di certo esaltante".
Esistono sicuramente molte ragioni oltre a vedere la guerra come ultimo strumento cui far ricorso. E devono avere una loro "bellezza" come diceva il professore di filosofia: "tutto ciò che è bello è profondo e si maschera".
Nessuno prima di Epaminonda aveva compreso come l'invincibilità degli Spartani fosse strettamente legata ai due fattori elencati dal Plinius (il nostro moderatore ) :
- l'addestramento a cui si sottoponevano gli Spartani diventando militarmente capaci;
- il disporre le loro forze migliori sulla destra perchè così prescrivevano allora le scuole di guerra.
La compattezzza del fronte era poi un altro elemento di rilievo. Non per niente gli Spartani preferivano, contrariamente alle altre poleis, addestrare i propri opliti a marciare più lentamente proprio per mantere serrate le schiere anche quando il terreno presentava delle asperità .
E c'è voluta l'attenzione di Ificrete (fratello adottivo di Filippo II, padre di Alessandro Magno) per modificare ancora una volta la struttura tattica e armamentaria della falange.
Ificrate, forte delle esperienze conseguite nelle guerre persiane, superò lo stallo che l'uniformità delle tattiche e degli armamenti delle falangi che il tempo aveva fatto nascere, allungando le sarisse del 50% e le spade del doppio, e rimpiccolendo gli scudi sino a circa cm. 60 in modo da renderli più maneggevoli. Si favoriva così la presa della sarissa rendendola più salda e manovrabile.
Queste modifiche segnarono un passo avanti per il cambiamento dato che la manegevolezza dello scudo presto lo fece preferire in tutte le poleis. Non furono più chiamati "Opliti" ma peltasti dal nome dello scudo (pelta) della fanteria leggera macedone. La maggiore lunghezza della sarissa permetteva di colpire gli avversari qualche metro prima, così come le spade che venivano usate quando l'ordine si apriva.
Un'altra cosa di rilievo fu l'avere ideato degli stivali per gli opliti di leggerezza, resistenza e facilità di calzare che vennero chiamati Ificratei.
Diodoro Siculo 15.44.1-3
Tutto naturalmente è cambiato lentamente negli anni proprio come il pc oggi dalla comparsa dell'uomo.
Altro discorso è la battaglia di Maratona. _________________ Hector
Marco Lucifredi
O Zeus padre degli Dei, tu che hai abbandonato la mia Ilio, non dimenticarti di me.
Non mancano gli imputati e chi li accusa; lo Stato non manchi di un tribunale (Cicerone) |
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Caesar Tribunus
Registrato: 15/03/05 23:09 Messaggi: 519
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Nella battaglia di Maratona, la falange greca stava per essere sopraffatta perchè la loro logistica era inferiore a quella persiana.
I Persiani avevano in campo circa 40.000 fanti contro i circa 10.000 Greci e sul campo il loro fronte era più lungo di quello greca.
Milziade sopperì allugando il proprio fronte per renderlo uguale a quello avversario. In questo modo, accortamente, si premuniva contro l'accerchiamento mettendovi opliti prelevati dal centro, e finendo per assottigliarlo.
Nel giorno dello scontro la cavalleria persiana era quasi tutta assente.
Questo solleva altre domande che hanno molte spiegazioni e sono da trattare a parte.
Quando i Persiani stavano per prevalere sulla parte centrale, presenziata dagli ateniesi, si crede che ci sia stato una convergenza dei Persiani su quel punto e involontariamente le ali greche furono favorite nell'accerchiamento anche per la minore resistenza trovata. _________________ Caesar
Pietro Silva
Milovan Gilas scrisse che la memoria tende a modificare i fatti per farli quadrare con le necessità del presente. |
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Il Pitta Gallus
Età: 44 Registrato: 20/10/05 17:41 Messaggi: 319
Località: Verona Interessi: Storia, Archeologia, Polemologia, Celtismo Impiego: Studente Sito web: http://www.fianna-ap-p...
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Mi trovo assolutamente d'accordo con ciò che è stato detto da Darius.
Mi sono interessato particolarmente alla falange greca ed etrusca, se non altro perché pare che lo stile di combattimento oplitico venne PARZIALMENTE mutuato dai Galli intorno al III sec. a.C.
(cfr. Solo gli utenti registrati possono vedere i link! Registrati o Entra nel forum! | )
Di fatto l'othismos viene descritto proprio come un grande cozzo tra due schieramenti che, partiti in formazione serrata, si lanciano gli uni contro gli altri, si scompaginano lievemente durante la carica (comprensibile visto che la falange greca annoverava tali e tanti classi di età che variavano dai 16 ai 60 anni) e riacquisiscono compatezza una volta avvenuto l'impatto, quando inizia appunto la "gara di spinta".
Durante la carica l'oplita greco teneva la lancia sottomano, con l'intento di trapassare l'avversario passando sotto la difesa dell'ampio ventre dello scudo. Non a caso la maggior pare di ferite riportate a seguito dell'impatto descritte nelle fonti sono all'inguine.
Una volta avvenuto l'impatto era la capacità di saper mantenere salda la formazione e di fare breccia, spingendo in maniera coordinata, nella falange dell'avversario, che decretava il vincitore.
Secondo le sperimentazioni che sono state fatte da Hanson Victor Davis ("L'arte della Guerra Occidentale"), il 70% delle lance della prima fila si spezzava a seguito dell'impatto, quindi l'oplita, mentre spingeva con lo scudo per scompaginare la falange avversaria, contemporaneamente imbroccava (suppongo grossomodo a casaccio) col troncone della lancia tenuto ora soprammano (da qui il perché dei puntali) o con la spada (nel caso di una Xiphos, mentre nel caso di una Kopis o Machaira i colpi dovevano essere necessariamente dei fendenti, portati dall'alto verso il basso -suppongo sempre abbastanza a casaccio-).
Allo stesso modo i compagni delle file retrostanti spingevano, aiutandosi sempre con lo scudo, appoggiato alla schiena di chi li precedeva, e scavalcandoli con lance impugnate soprammano.
Vero è che per fare tutto ciò serve senza dubbio in primis un'ottima coordinazione e una notevole forma fisica, ma non necesariamente una grande abilità schermistica.
Tant'è che alcuni autori greci ci informano che la CECITA' NON ERA CONSIDERATA UNA DEFICENZA INCOLMABILE PER NON PARTECIPARE ALLA LEVA (!!!!!!! e non mi sto riferendo al prode anziano Spartano delle Termopili...).
Che lo scontro tra falangi oplitiche fosse "ritualizzato" mi sembra assai poco probabile nonché semplicistico, probabilmente un giudizio dettato dal nostro moderno modo di concepire la guerra e la tattica militare.
Benché fondamentalmente si risolvesse in un bruto scontro di due masse, ciò non vuol dire che non fosse uno scontro vero e proprio.
Sempre scondo le sperimentazioni fatte sul campo da Davis, un Oplita lanciato raggiungeva i 9 Km/h, e aveva grossomodo 36 Kili di bronzo addosso, tra elmo, thorax, hoplon, lancia, schinieri e armamentario vario.
Il prode poveretto si andava a spalmare solitamente contro un suo omologo, che caricava alla stessa velocità e che aveva gli stessi kili di bronzo addosso.
Ne consegue che l'impatto avveniva ad una velocità complessiva di 18 Km/h, e contro un muro di bronzo.
Tutto senza contare naturamente le eventuali cuspidi di lancia.
Fatevi un po' i vostri conti, ma credo sia evidente che l'othismos dovesse essere una frazione di secondo infernale, con placche di bronzo e schegge di legno che volavano dutto intorno, senza contare le minacciose ed acuminate cuspidi delle lance.
Appare ora più chiaro credo, come mai ad ogni scontro con i Persiani gli olpiti greci penetrasser nello schieramento degli avversari, armati alla leggera, come un coltello nel burro.
Avvenuto l'othismos, ecco che comincia la spinta, e da una parte e dall'altra ecco il reiterato cozzare degli scudi gli uni contro gli altri e degli elmi contro gli elmi, mentre le cuspidi delle lance delle file retrostanti si aggiungevano alle lame delle spade ed ai puntali, che dall'alto tentavano di farsi strada tra gli interstizi tra l'elmo e la thorax, guizzando fulminee, per ferire la carne viva.
Rumore e clamore, caldo soffocante, polvere, l'elmo che penalizza la visuale e la chiarezza dell'udito, il caos più totale.
La prima fila è schiacciata tra i compagni che la spingono incessantemente in avanti e gli avversari che le spingono contro.
Chi della prima fila cade, o ferito o spossato, viene immediatamente ed implacabilemte sostituito da chi è alle sue spalle, ed ecco un secondo utilizzo del puntale che, misericordioso, viene usato per forare la thorax del compagno caduto ed evitargli una lunga agonia calpestato dai sandali dei suoi stetti commilitoni.
Forse vi sarà una carenza di tattica, ma tutto ciò non può e non deve essere ridotto ad una mera "guerra ritualizzata", per fedeltà storica e soprattutto per rispetto allo spirito di quei guerrieri.
Ancor vero è però che le perdite di vite umane a seguito di uno scontro tra falangi oplitiche era sorprendentemente basso.
Il perché va ricercato tanto nella tattica oplitica quanto nell'armamento stesso dell'oplita.
La falange funziona come un macchinario.
La coordinazione e la compattezza sono l'elemento essenziale per un suo efficace funzionamento, e così pure il CONTATTO COSTANTE tra un olpita e l'altro (da qui chiaro il perché il cieco non fosse dispensato dalla leva).
Appena viene aperto all'interno della falange un varco viene a mancare il contatto, ed essa si scompagnia, ed infine collassa su se stessa.
Una frazione di secondo, e la battaglia è persa irrimedisabilmente.
Se solo uno dei migliaia di ingranaggi si rompe, ha una deficenza, il macchinario cessa di funzionare, poiché l'oplita, abituato a combattere in linea retta e a viaggiare principalmente su impulsi "tattili", singolarmente è isolato ed impedito dal suo stesso apparato difensivo.
Una volta che la falange oplitica è scompaginata ed ha un' "infiltrazione" nemica nella sua struttura non può riorganizzarsi.
L'unica soluzione è liberarsi dell'ingombrante scudo e fuggire.
Stanco e spossato dalla battaglia, e impacciato a sua volta dal suo apparati difensivo, l'oplita vincitore non perde tempo ad inseguire il nemico in rotta: non ne ha motivo in primis, e soprattutto non ne ha le forze.
Ecco perché secondo le stime fatte sulle fonti greche, a seguito delle battaglie tra schieramenti oplitici gli sconfitti riportavano solitamente solo il 22% delle perdite, mentre i vincitori grossomodo la metà .
Certo però ciò non deve indurci appunto ad immaginare uno scontro ritualizzato solo perché ogni battaglia non terminava in un'ecatombre.
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P.S.
Adesso Darius mi sgrida Xché sono un narciso maledetto e concludo ogni post con una mia foto in posa classica intasando il forum...LOL...
P.P.S.
X Darius: naturalmente salutami Enea...e digli che a dispetto della apparenze NON mi sono dimenticato del suo corno...a breve ci arrivano quelli di maremmana... _________________ Gioal apPalug il Pitta
della stirpe dei Katti
Brennos dei Fianna apPalug
- Gioal Canestrelli - |
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Seneca Primipilus
Registrato: 19/03/05 16:29 Messaggi: 440
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Oltre i motivi citati da Hector, ci furono anche altre cause che favorirono le variazioni tattiche ideate da Ificrate.
A conclusione di una guerra greco/persiana, nel 387 a.c., venne siglata una pace che permise ai Persiani di dedicare la loro attenzione agli Egiziani nel frattempo rivoltatisi 379 a.c.. Il persiano Farnabazo cominciò ad arruolare mercenari tra cui opliti greci allora molto apprezzati e gravati di operazinoni impegnative.
Non trovandone abbastanza, chiese agli Ateniesi il loro generale Ificrate, già distintosi a 18 anni a Cnido nella stessa flotta persiana allora sotto il comando del Farnabazo. Aveva arruolato 20.000 mercenari greci, ma solo 8.000 erano opliti.
La Grecia del IV secolo a.c. aveva regredito economicamente e pochissimi potevano acquistare il costoso equipaggiamento oplitico.
Ad Ificrate restava da fare una sola cosa: adattare i restanti 12.000 mercenari greci a nuove figure di soldati sopra descritti equipaggiandoli come già detto da Hector.
Questi guerrieri divennero noti come "ificratei" _________________ Seneca
Roberto Fanelli
Qui ad Atene noi facciamo così .... (Pericle) |
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Claudio Centurio Hastatus
Età: 52 Registrato: 06/06/05 19:44 Messaggi: 234
Località: Parma Interessi: Storia (Antica e Medioevale), disegno, palestra, football americano, rievocazione storica, fantasy e i giochi di ruolo, anche dal vivo, leggere Impiego: Istruttore fitness, studente, fumettista(?)
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Ringrazio il Pitta per la sua vivida descrizione dello scontro delle falangi oplitiche. Mi sarà molto utile nel caso volessi disegnarne alcune fasi dello scontro.
Due domande:
Immagino che nel momento successivo allo scontro, lo spazio di "manovra" per gli opliti a contatto con i propri nemici non fosse l'ideale, anzi, probabilmente, era assolutamente inadeguato se si usava la lancia (benchè spezzata). Per quanto impugnata sottomano nella prima linea, come si riusciva a imprimere la forza necessaria per ferire il proprio nemico anch'egli coperto di bronzo, mentre da dietro i propri compagni toglievano lo spazio necessario per manovrare la lancia. A questo punto era più logico e funzionale usare la spada. O no?
Altra questione: si è detto che la maggior parte delle ferite gli olpiti le ricevevano nella zona inguinale. Eppure non sembrano esserci pezze difensive per questa particolare zona, comprese le cosce. Ciò vuol dire che l'hoplon non era così efficace, oppure che serviva più per la carica?
Non solo. In non poche raffigurazioni vediamo opliti armati du tutto punto, ma nudi nella zona inguinale. Ora, a parte la scomodità (almeno penso. Non ho mai provato, però...), perchè tenerla scoperta tale zona. Non solo non ci sono pezze difensive, ma anche i vestiti. Senza contare quelli armati di solo scudo, elmo e schinieri e nient'altro.
Immagino che deve esser stato comodo, se hanno adottato tale uso e panoplia per così tanto tempo, ma le ragioni mi sono ignote, e per questo mi rivolgo a voi.
Valete |
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